RELIGIONE CIVILE, TRAPPOLA RELIGIOSA da Adista N° 82/2009 Non è detto che Gesù di Nazareth se ne andasse in giro a fare dotte e dure citazioni dei profeti. Altrettanto certo è che discussioni e contrasti sui diversi e "scandalosi" comportamenti di questo Rabbì, ci sono stati. La forma redazionale dei Vangeli giunta fino a noi, risale, grosso modo, a dopo la distruzione del Tempio; quindi ad una epoca nella quale era vitale per i "cristiani" (le virgolette per ricordare che questo nome, seppur già noto, non era ancora diffuso né usato) distinguersi con nettezza dal giudaismo. Marco, quindi, attraverso la citazione di Isaia sottolinea quali fossero "il pensiero e la prassi" dei primi cristiani, per quanto riguarda la loro maturata consapevolezza della novità del Vangelo di Gesù. A volte, queste 'sottolineature' furono anche espresse con un'asprezza e uno spirito conflittuale, che resteranno nella storia dei rapporti tra cristianesimo e giudaismo. La sostanza con la quale, ora, anche i cristiani devono confrontarsi, sta nella trappola religiosa, che Marco riassume così: "Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini". La prima acquisizione dovrebbe essere, appunto, questa: si tratta di una trappola squisitamente religiosa; nella quale possono cadere tutti i credenti (e non i "non credenti"!). E questa potrebbe essere la seconda: chi si mette alla sequela di Cristo, sa che ogni epoca può avere la sua trappola religiosa. A me pare che quella trappola, nel tempo contemporaneo, prenda la forma della religione civile. È un percorso che comincia così: è del tutto evidente che la società non ce la fa; è ogni giorno minacciata dalla disgregazione, dal nichilismo; ha bisogno di un connettivo che non può trovare in se stessa, un senso etico di fondo che non ha. Questa funzione spetta alla religione: il cosiddetto supplemento d'anima. E il percorso, poi, continua inesorabile: bisogna organizzare la vita civile come se Dio ci fosse; basare la convivenza e l'etica su un diritto naturale, il cui interprete è la Chiesa. E, poi, ancora (nella realtà italiana, ad esempio): la Chiesa elabora un "progetto culturale per l'Italia", richiede doverosamente le risorse pubbliche per le sue scuole, ecc. La chiamano “sana laicità”. E mentre l'elenco si allunga, sullo sfondo - sempre più sfocato - viene spinto Lui, con il suo Vangelo: "Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Una eco lontana, mentre loro "insegnano dottrine che sono precetti di uomini". Il brano proposto dalla "liturgia canonica" ha pensato fosse utile saltare un passaggio (vv.9‑13) in cui il Vangelo sottolinea la "abilità nell'eludere il comandamento di Dio", con questo esempio: dichiarando "offerta sacra" al tempio, quanto necessario al sostegno di padre e madre, automaticamente nulla era più dovuto; e il comandamento originario -"onora il padre e la madre" - diventava lettera morta (…in un certo senso: lettera sacra). In quella deriva, resta per sempre delineato, quale sia il destino della fede in Gesù e nel suo evangelo, quando la religione e la sacralizzazione delle scelte politiche dei suoi seguaci, prendono il sopravvento. La 'moderna' stoltezza, impudicizia e inganno (per usare queste 'antiche' parole del testo) sta in questa sorta di rovesciamento della scala dei valori: Lui aveva detto "cercate il regno di Dio, tutto il resto vi sarà dato in più"; e le Chiese e la religione si adoperano a dare una loro consistenza al "Regno", battezzando le civiltà. E in questa operazione sta (a leggere bene 'l'interiorità' della scelta ) la vera "superbia". Ma la parola di Isaia è lì, a ricordare: "invano essi mi rendono culto"!
Mario Campli
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