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Cdb di san Paolo - gruppo "Marconi"

IL CHICCO DI GRANO

Commento introduttivo alle letture del 29-3-09

 

Le letture di questa domenica sono molto legate l’una all’altra ma il nostro gruppo è stato colpito soprattutto dal brano di Geremia che contiene la proposta di una nuova alleanza, nella quale – dice il Signore - “porrò la legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore”, “non dovranno più istruirsi l’un l’altro”, “tutti mi conosceranno dal più piccolo al più grande poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato”. Una visione audace che pone in discussione la classe stessa dei sacerdoti.

Per capire il brano bisogna partire dalla deportazione in Babilonia del popolo ebraico nel 586 a.C., dopo la quale deve essere stato scritto, anche se il profeta si collocherebbe alla fine del secolo precedente. Nel 722 il Signore aveva permesso che il regno del Nord fosse occupato dagli Assiri per punirlo della infedeltà nei suoi confronti, in una lettura – non condivisibile naturalmente – della fortuna o sfortuna dei regni a seconda della fedeltà religiosa del popolo. Questa profezia sconvolgente, che si spinge forse anche al di là della parola di Gesù, è quindi dettata da una necessità esistenziale: non c’è più un “luogo” dell’alleanza, come dice il brano delle Cronache di domenica scorsa e il salmo 136, “ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato… Come cantare i canti del Signore in terra straniera? ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre”.

La legge è dentro ognuno di noi!!! Ma come risolvere il pericolo di una deriva individualistica? Paolo dice che la coscienza è come una pianta, va coltivata e la sofferenza che proviene dall’obbedienza rende perfetti. Per i Greci “imparò” e “soffrì” si distinguono per una sola lettera (émathe/épathe), c’è un’assonanza che avvicina i concetti. Gesù che alla madre a Cana aveva detto “donna, non è venuta la mia ora” quando lei era andata a dirgli “non hanno vino”, adesso, quando i Greci lo cercano e lo vogliono vedere, dice “è venuta l’ora che il Figlio dell’Uomo sia glorificato”. Giovanni mette queste frasi ad effetto che si capiscono solo col senno di poi e non rispondono alle domande fatte.

Testi estremamente ideologizzati quelli di Ebrei e di Giovanni. È venuto il momento di glorificare, doxazein, il Signore, è lo stesso momento di prova che i sinottici mettono nei Getsemani. Paradossalmente, la lettera agli Ebrei dice che Gesù “offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo dalla morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito(!?!?!). Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanni presenta il tormento di Gesù: “l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!”

È il momento di essere innalzato. Giovanni legge la crocifissione non come abiezione e vergogna ma come un innalzamento che stacca dal mondo il Cristo per attirare tutti a sé e salvarli, come il serpente è innalzato da Mosè nel deserto per guarire. Contemporaneamente il principe di questo mondo, cioè tutte le divinità intermedie, troni dominazioni podestà, a servizio di Satana è gettato fuori dal mondo.

Bisogna “odiare la propria vita”, il termine è forte, miséo, ma è lo stesso che usa Luca 14 quando Gesù invita ad “odiare” padre e madre e seguirlo; ha un significato metaforico, quello di “mettere in secondo piano”: solo così la vita viene salvata. Il chicco se rimane solo è inutile, se muore dà frutto.

            Il gruppo ha deciso di terminare il suo lavoro con delle domande: ma che tipo di spiritualità è questa di Geremia e del chicco di grano? È per il mondo contemporaneo?