Eucarestia Anno B
– festa del corpo e sangue di Cristo 18 giugno 2006
Gruppo Roma
sud-est della Cdb San Paolo
La riflessione
del nostro gruppo si è subito concentrata sui termini sacrificio e
condivisione: due parole chiave così antitetiche e così presenti
nelle letture di oggi.
Innanzitutto
il sacrificio: in che modo ci poniamo oggi di fronte alla teologia
del sacrificio espressa nella lettera agli Ebrei? Dal punto di vista
storico dobbiamo considerare che questo scritto (aldilà della
veridicità del suo autore) è antecedente alla redazione dei vangeli:
questi sono considerati da molti esegeti e teologi come scritture
che correggono il tiro rispetto a questo tema. E’ importante capire
la differenza del bisogno di sacrificio proiettata dagli uomini su
Dio e il sacrificio di Cristo che è l’estrema conseguenza di un
comportamento coerente fino alla morte di fronte al potere politico
e religioso del suo tempo.
Rispetto alla
ricorrenza di oggi che anche il foglietto non chiama più Corpus
Domini, possiamo procedere ad una lettura che si apre a 3 livelli di
riflessione, tenendo conto che c’è una tendenza dell’istituzione al
verticale rispetto all’orizzontale e al circolare… una tendenza ad
un tempo spiritualista e gerarchica che la tradizione del corpo e
del sangue con il suo materialismo può superare.
Leggendo il
testo del vangelo bisogna riconoscere l’importanza di alcuni
particolari: il sangue di Gesù è versato (operando una traduzione
più fedele) per molti, per una moltitudine che equivale al nostro
concetto di umanità, all’insieme di tutti gli esseri umani. L’autore
sottolinea che i presenti alla cena bevvero dalla coppa prima che
Gesù avesse detto che quel vino era il suo sangue. Infatti per degli
ebrei bere il sangue sarebbero stato impensabile.
Ma torniamo ai
tre livelli di riflessione:
il primo
livello è la sottolineatura del sangue. Gesù raccoglie la tradizione
ebraica del sacrificio (l’alleanza tra Dio e il popolo ebraico
suggellato dal sangue)
un secondo
livello richiama la riflessione teologica al problema di come
considerare il pane: è Gesù stesso o la sua rappresentazione (la
transustanziazione per i cattolici, il simbolo per i protestanti)
Infine un
terzo livello di interpretazione sottolinea la prevalenza del corpo
sul sangue che c’è ma non viene esaltato… in questo senso la chiave
di volta è la parola condivisione: con lo spezzare del pane si
diventa tutti uguali, non c’è più povero né ricco, né uomo né donna,
né ebreo né pagano, siamo tutti commensali… rinnovando l’alleanza
che è suggellata dallo spezzare il pane.
Per noi non è
tanto importante capire la transustanziazione che è un atto di fede
che forse non cambia la vita come il vivere la condivisione.
Ed è proprio
la condivisione la parola-chiave che ha stimolato la riflessione del
gruppo sulla scia della tradizione che ha caratterizzato anche il
percorso che la comunità ha sviluppato nel corso della sua storia
meditando e discutendo sulla eucaristia.
Ma su questo
punto il gruppo non ha voluto fermarsi ad una sorta di compiacimento
del lavoro fatto dalla comunità a livello di produzione di documenti
e riflessioni. E’ sulla prassi che ci siamo interrogati. A volte
diamo così scontato e acquisito il concetto dell’eucaristia come
condivisione, ne riconosciamo la centralità e l’insostituibilità ma
poi rischiamo di non calarlo nella nostra vita quotidiana e
comunitaria.
Nella
tradizione la condivisione è legata alla circolarità dei beni
materiali: nella nostra realtà è importante riflettere anche sulla
condivisione del tempo, su questa risorsa sempre più scarsa nelle
nostra vita. E’così difficile dedicare tempo – noi che siamo così
impegnati in cose anche giuste e oneste – a chi ci sta vicino, alle
vite fragili che ci circondano e che ci chiedono attenzione.
E’ questa – a
nostro avviso - la provocazione che oggi ci offrono le letture. Nel
rimanere sensibili e attenti in questa direzione dovremmo tendere
almeno a riconoscere le difficoltà della condivisione: già
condividere la fatica della condivisione è già in passo avanti, così
come pure condividere le gioie.