Domenica 28 gennaio 2007
CdB di San Paolo - Gruppo Roma sud-est
“Comunità e ministeri”
Dal Vangelo di Luca (10, 1-9)
1 Dopo queste cose, il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dov'egli stesso stava per andare. 2 E diceva loro: «La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse. 3 Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. 4 Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e non salutate nessuno per via. 5 In qualunque casa entriate, dite prima: "Pace a questa casa!" 6 Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi. 7 Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa. 8 In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti, 9 guarite i malati che ci saranno e dite loro: "Il regno di Dio si è avvicinato a voi".
Dal libro degli Atti (6,1-6)
1 In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana. 2 I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense. 3 Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. 4 Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola».
5 Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. 6 Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
Dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi (12,27-30)
27 Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua. 28 E Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti, in terzo luogo dei dottori, poi miracoli, poi doni di guarigioni, assistenze, doni di governo, diversità di lingue. 29 Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? 30 Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti? Voi, però, desiderate ardentemente i carismi maggiori!
Una comunità che guarda avanti
di Franco Barbero
“Voglio ancora accennare ad un nodo che ritengo essenziale, oggi, per la costruzione di una chiesa di base viva, aperta, dialogante.
In qualche modo, sia pure embrionale, la comunità di base di Pinerolo, come altre, ha praticato, in questi anni, una reale riappropriazione ed espansione di alcuni ministeri, ma, a mio avviso, è urgente e necessaria una più rigorosa riflessione teologica e pastorale sulla ministerialità, come vado sollecitando da anni.
E' mia opinione che le comunità cristiane di base italiane abbiano accantonato, rimosso o addirittura rinunciato ad un discorso biblico, storico, teologico e pastorale profondo e aderente alla realtà sul terreno del ministero che vada oltre una genericità ed una vaghezza piuttosto problematiche e talvolta sconcertanti. Ravviso qui un punto debole, un tallone d'Achille delle comunità cristiane di base non solo italiane. Infatti non ci si può illudere. Non sono sufficienti né la declericalizzazione, né la pari opportunità di ministero di uomini e donne, né il riconoscimento del sacerdozio universale, tappe peraltro necessarie. Ben altro è il respiro, ben altro è il "passaggio" teologico e pastorale che Lutero indicava nel suo De instituendis ministris ecclesiae("Come si devono istituire i ministri della chiesa").
A mio avviso, un movimento vivo e capace di costruirsi delle prospettive sa accogliere chi si rende disponibile, possiede una capacità calamitante verso persone che desiderano riconvertire il loro servizio comunitario e nello stesso tempo avverte il bisogno di darsi ministri/e che siano "attrezzati" per questo servizio alla comunità. Sostanzialmente, aldilà del populismo ecclesiologico e del sogno spontaneistico, temo che, qualora vengano a mancare i preti che oggi esercitano un ministero di animazione nelle varie comunità e nei gruppi, il cammino comunitario abbia vita breve. Manca una riflessione profonda, realistica, sulla ‘cura pastorale’ di una comunità e sulla rilevanza del ministero, come uno degli strumenti di riconoscibilità della comunità stessa. Così pure, per quanto concerne le "parrocchie alternative", ho il timore che si abbia scarsa consapevolezza del fatto che, rimossi e sostituiti i parroci, tutto possa essere normalizzato.
Non si tratta di un ritorno di ecclesiocentrismo, ma di una necessaria ecclesiogenesi. Né si tratta di creare dei modelli, ma di trovare e sperimentare dei "modi" perché la comunità sappia darsi i necessari ministeri.
La lunga esperienza del movimento cristiano di base mi ha insegnato che, dove non c'è stata questa attenzione, la vita comunitaria si è presto o tardi svuotata o spenta. Dove, invece, si è cercato di costruire concretamente delle prassi ministeriali, la vita comunitaria conosce uno spessore diverso, sia a livello umano che evangelico. L'assenza della "cura pastorale", come nucleo essenziale del ministero, rischia di disperdere le stupende risorse e le feconde originalità che nella chiesa di base trovano espressione, specialmente nelle comunità cristiane di base”
(Una comunità che guarda avanti, Viottoli 2004, pagg. 29-30).
(parte conclusiva dell’intervista a Franco Barbero Viotoli, N° 2 - 2006):
E’ importante lavorare insieme e scommettere fiduciosamente con le nostre reali diversità che sono la vera ricchezza di un cammino di fede comunitaria. E poi il problema del ministero e le scelte che si compiono non sono dogmi, ma appartengono all’area del contingente, mutevole, opinabile. Siccome Gesù non ha direttamente fondato nessuna chiesa, nel senso che non ha dato vita ad una religione separata dall’ebraismo, non possiamo far risalire a lui nessuna struttura ecclesiale. Gesù ha dato al suo gruppo una identità, ma non ha in alcun modo lasciato il progetto ministeriale preciso per la futura chiesa. Ciò significa che le strutture ministeriali di ieri, di oggi e di domani sono totalmente affidate alla nostra responsabilità, libertà e creatività. Ogni “ordinamento” è provvisorio, aperto a nuove esigenze e nuove decisioni. L’importante non è la permanenza di una determinata forma comunitaria, ma il suo essere funzionale alla testimonianza del regno di Dio. Il nostro dibattere attorno alla ministerialità ha senso solo se è finalizzato a fare in modo che ciascuno/a di noi e le nostre singole esperienze comunitarie siano sempre più a servizio del regno di Dio. L’elemento decisivo è che l’evangelo sia predicato e vissuto. La comunità è in tutto e per tutto subordinata a questa testimonianza. Ecco perché tutte le questioni attinenti la strutturazione comunitaria sono secondarie e suscettibili di tanti tentativi. Il che è molto liberante e responsabilizzante. Soprattutto è sempre provvisorio.