domenica 8 giugno 2008

Ricordi random (riunione 29 maggio 2008)

Piccoli gesti, ma concreti di vicinanza all’altro e soprattutto di responsabilità su noi stessi. Non pensare di chiudere i problemi del mondo fuori dalla porta di casa nostra, ma rendersi conto che il nostro modo di vivere, di consumare, di sprecare, è parte fondamentale del problema delle difficoltà che vive una grande parte dell’umanità e della rovina che si sta abbattendo sulla natura.

Quindi iniziare ad accogliere, a condividere il tanto che abbiamo, nei confronti delle persone e dell’umanità che non hanno le stesse possibilità; e nei confronti del pianeta assumere comportamenti responsabili e coscienziosi da ciò che compriamo a ciò che veramente necessitiamo.

In fondo, però, noi realmente non condividiamo come chiaramente ci invita a fare il vangelo. Facciamo del volontariato, ascoltiamo le persone, ci avviciniamo a loro, ma poi torniamo nelle nostre case dove abbiamo le nostre piccole comodità del quotidiano.

Siamo umani con i nostri limiti: quei discepoli che dopo la crocifissione stanno intimoriti rintanati nella casa; eppure a loro Gesù risorto appare, checché ne creda Tommaso che senza paura invece va in giro a sentire cosa pensa la gente dei fatti successi al nazareno.

Siamo Pietro che vuole essere come Gesù e “camminare anche lui sulle acque”, ma in un attimo perde la sicurezza, rischia di affogare e allora cerca la barca, la concretezza, chiede aiuto a Gesù che gli dice “hai dubitato?” e lui non sa rispondere, balbetta; lo stesso Pietro che lo rinnega tre volte, ma poi si pente e piange amaramente.

Alla fine questo popolo ebraico “dal collo duro” come dicono i profeti, aveva impiegato tanti secoli per arrivare ad accettare quei comandamenti di Mosè e arriva questo e dice: “guardate, non sono venuto a cambiare un solo iota della legge, ma vi do un comandamento che la completa: l’amore; amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. È dura da digerire e infatti alla fine lo fanno fuori.

Forse non siamo realmente in grado di condividere, però, proprio come non possiamo metterci fino in fondo nei panni dell’altro, siamo chiamati a non giudicare. Posso io uomo comprendere nell’intimo il dramma di una donna che arriva ad abortire?

Leggiamo “misericordia e non sacrificio”: sappiamo che misericordia non è pietismo, ma gesti concreti che sollevano l’altro in difficoltà e che sacrificio non è come pensiamo oggi un qualcosa che ci fa fatica, ma dei rituali religiosi di quei tempi che avevano svuotato il senso dei comandamenti, al punto che quelli che si consideravano pii, seguivano le regole, si dimenticavano del povero nell’indigenza e diventavano addirittura cinici con chi era malato.

Gesù dice che non è venuto per quelli che si credono giusti, ma per chi si reputa peccatore.

Forse non si tratta di un esercizio di finta modestia “Signore sono peccatore…” e mi batto il petto, ma il concetto va contestualizzato al tempo: i giusti erano considerati, e si consideravano, quelli che erano rigorosi nel rispetto delle regole religiose: quelli che pensavano che, osservare tutti i precetti della religione, rendeva a posto davanti a Dio, cosicché a quel punto potevano pure avere la presunzione di essere salvi per i propri mezzi, per le opere (gli olocausti degli animali), e non sentire più il bisogno intimo di Dio, il bisogno della grazia.

Allo stesso modo anche quelli che ai tempi erano considerati peccatori, perché non potevano o non riuscivano ad osservare la lettera delle prescrizioni religiose, si convincevano essi stessi di essere peccatori e quindi si avvicinavano a Dio con spirito di umiltà sapendo che solo la sua grazia poteva salvarli.

Anche oggi noi omosessuali, ad esempio, siamo educati allo stesso modo di tutti e perciò arriviamo noi stessi a credere che veramente siamo anormali come dice la società e viviamo male e sprechiamo tempo a capire che siamo tutti figli dello stesso Dio e a volte non riusciamo ad uscire da queste convinzioni negative inculcate e restiamo nel disagio di vivere.

Secondo i sacerdoti e i farisei per il cieco nato sarebbe stato meglio restare cieco piuttosto che aver riacquistato la vista in giorno di sabato, violando, cioè, un precetto religioso.Il cieco guarito dà una lezione ai teologi del tempio, delle due l’una: voi dite che il comandamento viene da Dio, ma non si è mai visto qualcuno che possa compiere un simile atto se non è benvoluto e non fa la volontà di Dio.

 

 

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