domenica 8 giugno 2008
“Misericordia voglio, non sacrifici”
“Efraim e Giuda che dovrò fare per voi?”. Il Signore è inquieto e stanco del suo popolo. Interrogativi simili nella Bibbia ebraica li troviamo sollevati da un padre preoccupato (I Sam 10,2) e da un leader stanco (Es 17,4). L’intera predicazione di Osea è rivolta al regno del nord, al regno di Israele, contrapposto al regno di Giuda. Ci troviamo nel 735 a.C. circa al tempo della guerra siro-efraimitica, quando Giuda è in marcia verso nord, verso il regno d’Israele. Ma che cosa ha provocato la frustrazione del Signore? L’accusa è chiara: “Il vostro amore per me scompare come una nuvola del mattino; è come rugiada che svanisce all’alba” (Os 6,4). Osea mette l’accento sull’amore, in ebraico hesed. Questo termine è usato anche I Sam 18,3: “Gionata strinse un patto d’amore con Davide, poiché lo amava più di un fratello”. La parola significa dunque bontà o amore, un amore connotato da un forte sentimento di fedeltà. L’ hesed potrebbe essere definito un patto d’amore. Con il termine hesed Osea può intendere l’amore di Dio per il suo popolo (2,19), o all’amore delle persone per il suo prossimo. Ma nel nostro testo Osea si riferisce alla mancanza di amore del popolo verso il Signore.
“Voglio amore costante, non sacrifici” (Os 6,6). Il Signore attraverso il profeta critica il modo sterile con cui il suo popolo fa uso del culto; ciò che davvero vuole l’Eterno è amore e fedeltà. In Osea 6,6 viene alla luce il contrasto tra due idee di religione: la religione dei sacrifici e dei riti e la religione dell’amore costante per Dio.
Nell’Evangelo di Matteo cita Osea 6,6 per ben due volte (Mt 9,12-13 e Mt 12,7) e il testo greco traduce hesed con misericordia, έλεος, che letteralmente significa ciò che taglia, lacera l’animo, che affligge. Έλεος può significare anche grazia che viene incontro all’uomo in quanto colpevole; invece misericordia in quanto miserabile. Quando Gesù cita Osea 6,6 si rivolge ai farisei. Ma vediamo il contesto in cui Gesù rivolge queste parole ai farisei. Dopo la chiamata di Matteo, un esattore delle tasse, Gesù è a mangiare a casa dello stesso Matteo. Gli esattori delle tasse come Matteo erano assai disprezzati perché sospettati di esigere più del dovuto. Ma alla tavola con Gesù c’erano anche altri peccatori. Ma chi erano questi peccatori? Molto probabilmente erano persone il cui peccato consisteva nel trascurare l’osservanza delle leggi alimentari, della decima e delle abluzioni rituali. Perché Gesù mangia festosamente con questi peccatori? E’ lo stesso evangelo che ci risponde: “Le persone sane non hanno bisogno del medico; ne hanno bisogno invece i malati”(Mt 9,12). Quindi il Messia ha per missione di chiamare a sé “le pecore sperdute della casa d’Israele” (Mt 15,24). Gesù aveva in mente persone la cui fede nella loro vita era divenuta marginale, e che vivevano come se Dio non contasse. E non i farisei o chi osservava già la legge. Infatti Gesù non voleva innalzare la legge morale su quella cerimoniale, ma voleva solo dire che Dio è un essere misericordioso e che Lui esprime la compassione di Dio frequentando i peccatori.
E noi oggi frequentiamo i peccatori o ci nascondiamo nei nostri templi e nelle nostre chiese osservando la legge? Siamo diventati borghesi!!! Le nostre chiese non riescono più ad annunciare l’annuncio dell’ hesed ai nuovi peccatori di questa società, agli esclusi, a chi non si conforma alle regole di questa borghesia perbenista. Anche noi come Gesù dobbiamo sporcarci le mani e portare questi esclusi dall’unico dottore che li può guarire, Gesù Cristo il Messia!
Noi dovremmo fare come quelle ricche signore inglesi del XVIII secolo che aprirono le loro case ai figli e alle figlie poveri/e della rivoluzione industriale , che erano considerati la plebaglia della società, espandendosi cosìil metodismo in Inghilterra.
Ma chi sono gli esclusi oggi? Ogni generazione hai i sui “gabellieri e peccatori”. Oggi sono i rom e i sinti perché non rispettano le regole della maggioranza; sono i migranti e i rifugiati che scappano da una vita di stenti e di torture; sono i gay, le lesbiche, i/le trans perché non seguono il tradizionale modello familiare e sessuale; e così via l’elenco oggi sarebbe veramente troppo lungo.
E noi cristiani, discepoli del Buon Pastore, che facciamo? Assolutamente niente! Se non qualche eccezione. E’ giunta l’ora di uscire allo scoperto, di ribellarsi a questo modo di essere società, e in che modo? Testimoniando giorno per giorno che Gesù è presente nelle nostre vite, con le nostre azioni, i nostri pensieri e i nostri ragionamenti. E questo non per ingraziarci il Signore per avere un posto alla sua destra, ma per testimoniare e rendere grazie a Lui per la salvezza che ci ha elargito gratuitamente, secondo la sua misericordia. Amen
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