Le recenti e reiterate
dichiarazioni dell'alto Magistero sui più vari aspetti della vita ecclesiale e
civile, tutti improntati ad un arroccamento su posizioni tradizionali e datate,
prive di ogni afflato profetico ed evangelico, ci stanno oramai inducendo ad
una sofferta ma rassegnata assuefazione.
Singolare - e da non passare
sotto silenzio - appare tuttavia l'iniziativa dei vescovi dell'Emilia-Romagna
che, evidentemente sulla scia delle recenti dichiarazioni del Card. Biffi,
hanno dato, a quanto pare all'unanimità, il loro avallo ad una sorta di
vade-mecum di istruzioni contro il pericolo della crescente immigrazione
islamica.
A parte l'appiattimento
sulle posizioni del Cardinale in ordine ad una questione così complessa e che
avrebbe meritato un più ampio, collegiale e pubblico dibattito di tanti
presuli, è sintomatico che il libretto riconosca e lamenti da un lato il
disamore di molti cattolici per la loro Chiesa, la mancanza in loro di adeguati
strumenti culturali per sostenere un confronto con l'Islam e in generale una insufficiente
testimonianza cristiana; dall'altro non si ponga nemmeno la domanda se per caso
la Chiesa non abbia qualche responsabilità al riguardo, per es. nell'aver
accentuato, dalla Controriforma in qua, il distacco tra Magistero e Popolo di
Dio, tenuto questo in una sorta di minorità conoscitiva e
partecipativa. Né valgono ad ovviare a questa situazione le belle dichiarazioni
di principio (per es. quelle del Concilio Vaticano II) se a queste fanno
seguito puntualmente l'emarginazione e la repressione di quanti cercano di
metterle in pratica. A ciò aggiungasi che la qualità degli interventi del
Magistero, che si arroga il diritto di parlare per tutti, sono sovente di
qualità talmente inaccettabile ed anti-evangelica, da provocare reazioni
critiche dapprima, poi di sofferenza e di disinteresse.
In queste condizioni si
finisce per contrapporre ad un possibile integralismo (islamico), la nostalgia
di un altro integralismo (cattolico)
che però, date le diverse condizioni storiche e culturali dell'Italia e
dell'Europa, stenta - per fortuna - a coagularsi.
La sfida che la Chiesa deve
oggi combattere è quindi tutta interna a sé stessa (e il confronto con l'Islam
ci aiuta provvidenzialmente a rendercene conto). Se al suo interno chi ha il
potere avrà il coraggio di rinunciarvi, come ordinò Gesù ai suoi discepoli, se
si aprirà allo Spirito che soffia quando e dove vuole, se ogni credente, ai
vari livelli, sarà posto in grado di far valere il suo carisma al servizio
degli altri, se ci abitueremo tutti a cibarci di cibi solidi e non di solo
latte (per dirla con Paolo), allora sentiremo la gioia e non più la paura di
confrontarci e di convivere con i credenti di altre fedi, certi che Dio non è
posseduto da nessuno ma tutti ci ama come figli e figlie.
23 dicembre 2000 LA COMUNITA’ CRISTIANA DI BASE
DI SAN PAOLO IN ROMA