Documento
della Comunità cristiana di base di San Paolo
Per
ragioni etiche, e per ragioni evangeliche, siamo rimasti sbalorditi per le
reiterate affermazioni dell’arcivescovo di Bologna, card. Giacomo Biffi, che chiede
al governo italiano di “selezionare” gli immigrati, in modo da favorire i
cattolici (filippini o latino-americani che siano) e scoraggiare invece i
musulmani.
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1/ Biffi è intervenuto una prima volta il 13 settembre e una seconda volta il
30 del mese. Per quanto preannunciata, questa seconda “esternazione” è arrivata
in concomitanza con le tragiche notizie che venivano da Gerusalemme ove,
innescati dalla provocazione del capo del Likud Ariel Sharon, deplorato per il
suo gesto in Italia dal rabbino-capo di Roma Elio Toaff, eranoscoppiati
incidenti tra israeliani e palestinesi (in stragrande maggioranza musulmani)
così aspri da provocare una spirale che, in pochi giorni, ha messo in
gravissimo pericolo il processo di pace tanto faticosamente avviato, ed aperto
una ferita profonda nel già fragile tessuto del Medio Oriente.
Ogni
persona, e tanto se investita di responsabilità civile o religiosa non può,
mentre è in atto un conflitto, fare scelte che sia pure indirettamente rischino
di ravvivare il fuoco di quel conflitto. Ma è quello che ha fatto Biffi. Tutto
preso dal suo narcisismo, e incapace dunque di farsi interrogare dagli eventi
mediorientali che avrebbero potuto almeno consigliargli di differire ad altra
data un intervento del quale del resto non sentiva il bisogno né l’Italia né la
Chiesa cattolica italiana, sabato il porporato è intervenuto come se nulla
fosse.
Naturalmente,
tra la situazione italiana e quella mediorientale non vi è alcun nesso
automatico di causa-effetto. E, tuttavia, data la “globalizzazione” in cui
viviamo, è evidente a tutti, a parte l’arcivescovo di Bologna, che una
dichiarazione di guerra culturale e religiosa (ma Biffi preferisce dire
“laica”) all’Islam in quanto tale potrebbe infine ulteriormente aggravare la
situazione anche a Gerusalemme.
La
Curia romana, ai tempi di Paolo VI, conscia in anticipo della
“globalizzazione”, fu attentissima alle denunce che nel gennaio 1968 l’allora
arcivescovo di Bologna, cardinale Giacomo Lercaro, faceva contro i
bombardamenti statunitensi in Vietnam. E, infatti, nel febbraio successivo il
prelato fu improvvisamente privato dal Vaticano della sua carica. Adesso Biffi
lavora, obiettivamente, contro la pace e la convivenza tra i popoli, e tuttavia
rimane al suo posto, pubblicamente appoggiato dal cardinale Segretario di Stato
vaticano, Angelo Sodano.
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2/ Ma noi contestiamo le dichiarazioni di Biffi non solo per motivi di
opportunità, ma proprio nella loro sostanza civile ed ecclesiale. Dal punto di
vista evangelico l’argomentare dell’arcivescovo ci pare semplicemente
scandaloso, e rimaniamo sgomenti al vedere, a parte la latitanza del Vaticano e
della dirigenza della Conferenza episcopale italiana, quanto poche siano le
parole di denuncia che si levano dall’interno della Chiesa cattolica italiana,
a tutti i livelli, contro il cardinale.
Nessuno
aspettava Biffi per sapere che il problema dell’immigrazione è molto intricato,
e non solo in Italia, ma in tutti i Paesi che, nelle loro specifiche
situazioni, debbono affrontarlo. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno il problema
degli immigrati latino-americani, che pure sono quasi tutti cristiani! Dunque,
i modi con cui il cardinale vorrebbe che lo Stato italiano risolvesse questi
problemi non farebbero che aggrovigliare la situazione, anziché sciogliere in
modo equo i suoi nodi.
Il
problema dell’immigrazione musulmana in Italia – problema dello Stato laico,
sia ben chiaro – si può risolvere non con anatemi aprioristici, ma con
l’applicazione della Costituzione repubblicana, con la pazienza, con la ricerca,
e con lo studio delle soluzioni che, a questioni nuove o nuovissime, hanno dato
Paesi europei culturalmente “cristiani” che hanno una presenza musulmana molto
più rilevante della nostra, come la Francia, la Germania e il Regno Unito.
D’altronde,
se molte persone scappano dai loro Paesi d’origine per trovare pace e lavoro in
Europa, questo Continente “cristiano” dovrebbe forse interrogarsi pure sulle
sue responsabilità storiche anche per storture obiettive che vi sono in Paesi
musulmani. Non è stata anche l’Italia “cattolica” (così ci assicura Biffi che
essa sia nelle sue radici), del resto, ad armare, per il suo proprio tornaconto
economico, regimi islamici antidemocratici? Nel silenzio complice di troppi,
Vaticano e Chiesa cattolica italiana compresi.
Noi
chiediamo scusa alle sorelle ed ai fratelli musulmani che vivono in Italia
(molti come immigrati, ma un crescente gruppo già come cittadini a tutti gli
effetti di questo Paese) dell’ignoranza che Biffi dimostra dei valori storici
portati dalla civiltà musulmana in Occidente, e del contributo che
obiettivamente il cardinale porta a quelle forze politiche e culturali che si
nutrono di tesi xenofobe, quando non apertamente razziste. E cerchiamo di
sostenere quanti sono impegnati a risolvere in modo pacifico, soddisfacente,
franco e giusto i problemi che inevitabilmente si pongono ad una società che
sempre più diviene multietnica e multiculturale.
Del
resto, già oggi molti gruppi cattolici ed evangelici – consapevoli che il
cristiano è cittadino del mondo, e che “ogni uomo è mio fratello” – fanno un
lavoro prezioso a favore degli immigrati, e dunque a favore della fratellanza.
Questi generosi, d’altra parte, sanno bene che non sarà certo combattendo
l’Islam qui da noi che si favorirà la libertà delle Chiese cristiane in quei
Paesi islamici nei quali esse si trovano in difficoltà. Cristiani e musulmani
possono invece combattere insieme l’unica “guerra santa” oggi concepibile:
quella contro la povertà, l’ingiustizia, lo sfruttamento e l’ignoranza.
Biffi,
invece, solleva il polverone di una possibile instaurazione della “Sharia”
(legge islamica) in Italia; ma, forse, il suo vero scopo è quello di restaurare
il principio dei Patti lateranensi del ’29, annullato nell’84, e cioè che la
Religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato
italiano.
Roma,
3 ottobre 2000