Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Roma, Eucarestia del 26 aprile 2009
precarietà e condivisione dei luoghi
Inizio
Canto iniziale:
Esci dalla tua terra – pag. 22
Pensiero iniziale:
Ascolto
Introduzione al tema
Letture
Una volta stabilitosi in casa, Davide disse al profeta Natan: “Ecco, io abito una casa di cedro mentre l’arca dell’alleanza del Signore sta sotto una tenda”. Natan rispose a Davide: “Fa' quanto desideri in cuor tuo, perché Dio è con te”.
Ora in quella medesima notte questa parola di Dio fu rivolta a Natan: “Va' a riferire a Davide mio servo: Dice il Signore: Tu non mi costruirai la casa per la mia dimora. Difatti io non ho mai abitato in una casa da quando feci uscire Israele dall'Egitto fino ad oggi. Io passai da una tenda all’altra e da una dimora all’altra.
Isaia 61, 4-5
Ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate, devastate da più generazioni. Ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli.
Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. Gesù le dice: “Credimi donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.
Per queste letture…
….ringraziamo il Signore
Riflessione
Silenzio di riflessione
Commenti del gruppo
Commenti dei presenti
Momento penitenziale
Preghiera del gruppo
Preghiere dei presenti
Colletta
Presentazione della colletta
Canto durante la colletta:
Io voglio avere – pag. 35
Memoria della cena del Signore
Canone e frazione del pane
Beati coloro che sono solidali – n. 36
Padre nostro
Scambio di pace
Pensiero per la cena del Signore
Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio.(Levitico 19, 33-34)
Condivisione del pane e del vino
Canto durante la condivisione del pane e del vino:
Spiritual - pag. 73
Comunicazioni dei presenti
Fine
Pensiero finale:
Canto finale:
E’ la mia strada – pag. 18
Le letture che abbiamo scelto e che proponiamo all’attenzione e alla riflessione di tutta la comunità ruotano intorno alla tematica con cui abbiamo intitolato questa eucarestia.
I due libri delle Cronache, peraltro pochissimo usati nelle liturgie proposte dai foglietti domenicali, anche se riprendono tematiche di altri libri della Bibbia, costituiscono una testimonianza di quanto siano a cuore degli autori importanti messaggi e insegnamenti: fra questi, quello dell’importanza del tempio e del culto.
Tuttavia i versetti che abbiamo letto (e quello successivo), tratti dal primo libro, ricordano che il Signore non ha mai chiesto “la costruzione di un tempio con legname pregiato” ma che è “sempre stato presente in una tenda, di accampamento in accampamento”.
Sembra un inno alla precarietà che forse suona stonato e offensivo per chi ha visto cadere la propria casa sotto i colpi del terremoto o per chi l’ha dovuta abbandonare perché perseguitato, in fuga dalla propria terra. E’ certo inquietante per chi edifica tempi e santuari incurante di bisogni umani indifferibili. Ma interroga anche noi e i nostri bisogni di sicurezza.
Così Isaia nello stesso momento in cui sembra profetare una ricostruzione di antiche rovine e di case abbattute propone un messaggio ambiguo rivolto agli stranieri: pascoleranno, lavoreranno, coltiveranno. Questo è insieme un messaggio che prefigura una sudditanza o un’integrazione. D’altra parte anche noi siamo prigionieri della stessa ambiguità; forse oggi non facciamo degli stranieri sia gli schiavi del lavoro nero sui cantieri o nei campi, che dei soggetti capaci di amore, persone a cui affidiamo i nostri piccoli, i nostri anziani, i nostri disabili in un lavoro sociale di cura che perciò stesso implica integrazione, condivisione, che vuol dire riconoscere loro la dignità di persone, di fratelli?
Solo se sapremo vivere questa via, quella della condivisione, si avvererà la promessa di Gesù alla samaritana: il momento in cui “l’adorazione di Dio non sarà legata a questo monte o a Gerusalemme” guidati dallo spirito e dalla verità.
Il momento che la nostra comunità cristiana sta vivendo in questi spazi, così affettivamente legati per noi tutti a tante emozioni e a tanti eventi che qui si sono succeduti nella nostra ricerca di fede: battesimi, introduzione di tanti giovani al messaggio evangelico, matrimoni, tanti, tanti commossi saluti a quelli di noi che ci sono ancora accanto solo nella memoria, ma anche laicissime occasioni di riflessione, d’amicizia e di festa ci interroga con le parole di Ezechiele: “Metterò dentro di voi un cuore nuovo e toglierò il vostro cuore ostinato, di pietra”. Queste sono le parole con cui Luisito Bianchi sintetizza l’opera evangelizzatrice di Primo Mazzolari di cui in molti, forse troppi, hanno ricordato il 50° anniversariodella morte.
Forse la chiave del nostro vivere questo momento di comunità è nel riflettere sul senso profondo di una parola: ospite. In italiano ospite è chi ospita e chi è ospitato. Sentiamoci tutti, non solo in questo luogo e senza distinzione alcuna, capaci e desiderosi di dare, capaci e desiderosi di ricevere.
Rosario Pavia. L’urbanistica non è un farmaco. Gomorra n° 1. Febbraio 1998
“A ben vedere, lo spazio pubblico si è progressivamente contratto, non svolge più un ruolo narrativo. La città è oggi conosciuta per punti, per recinti. Solo alcuni punti assumono identità e diventano luoghi. Anche Roma è sempre più un insieme di recinti, un sistema di grandi interni, di contenitori separati l’uno dall’altro, una diffusione di enclave residenziali sempre più autonome e disperse. Anche i parchi e i giardini sono divenuti interni, recinti protetti, dove la solitudine prevale sull’incontro. La città rifiuta l’attraversamento. In realtà la città come esterno, come spazio pubblico, si sta esaurendo.”
Questo spazio invece, il “nostro” spazio di via Ostiense 152, mi sembra abbia le caratteristiche di una spazio da attraversare; mi sembra che conservi ancora la possibilità di incontrarsi, di viverci insieme delle esperienze, essere un luogo di libertà in cui discutere ed esprimere il pluralismo e le diversità che attraversano il popolo di Dio.
Sono tutti elementi preziosi in una città complessa, anonima, che non prevede luoghi da vivere a contatto con altre persone.
Questo è ancora uno spazio in cui chiunque può entrare, dove mi piace credere che si trova qualcuno che ascolti, dove si possano mescolare richieste e bisogni, dove ci si rispetta, dove non ci si sente soli, dove si cresce insieme.
Per questo è importante, e non solo per noi. Per questo vogliamo conservarlo.