Comunità Cristiana di Base di San Paolo - Roma,
Eucarestia del 23 gennaio 2011
Matteo 4,12-23
Come
Gruppo Marconi, abbiamo deciso di concentrarci sull’ultima frase del Vangelo,
che rappresenta, nello stile di Matteo, una sintesi di quello che accadrà nei capitoli
successivi.
Abbiamo
facilmente concordato che la sintesi, riportava fatti effettivamente storici e
non interpretazioni teologiche.
I
fatti si concentrano su 4 frasi con 4
verbi:
Abbiamo pensato che le quattro frasi avevano comunque bisogno di una contestualizzazione
per evitare la tentazione di leggere questa sequenza come un modello per il cristiano: cioè
qualcosa che puo’ essere assunto superficialmente e applicato alla lettera,
senza bisogno di interpretazione.
Abbiamo cercato poi di comprendere come queste potessero essere attualizzate
nella vita di ciascun cristiano al giorno d’oggi.
Abbiamo veramente discusso molto. Il confronto nel gruppo è stato ampio,
sentito e anche sofferto, perche’ ci siamo scontrati con una serie di
problematiche relative alla libertà che rivendichiamo rispetto alla
tradizione cristiana, assunta come riferimento indiscutibile dalla
stragrande maggioranza delle persone con cui veniamo in contatto nella vita
quotidiana, anche cioè da chi non crede o semplicemente non si pone troppe
domande, rimanendo ancorato a quelle poche nozioni di base del catechismo.
Probabilmente sono proprio queste ultime le persone con cui è piu’ difficile
parlare di cristianesimo.
Percorreva
tutta la Galilea…..
Gesu’ non era stanziale. Si muoveva pero’ all’interno dei territori
dell’ebraismo, anche se inizia da una regione di confine, abbastanza
disprezzata, una
regione abitata da poveri, da bifolchi, da gente violenta. Almeno, durante la sua vita
di predicazione, non uscì fuori dal contesto tradizionale dell’ebraismo: non
ando’ in Egitto, non ando’ in Grecia, etc.
Fece un percorso fisico che probabilmente rispecchiava un percorso
mentale, frutto di riflessioni e preghiere, all’interno del giudaismo a lui contemporaneo.
Con un tentativo, forse azzardato, di attualizzazione che ci riguarda, potremmo
dire che si evidenzia una dinamicità, una mobilità non programmata (dinamicità
fisica, ma anche mentale). In fondo questo movimento richiama l’esodo – un
esodo permanente - cioè il lasciare le sicurezze per fare un percorso di
maturazione personale basato su incontri con gli altri. Modernamente,
oggi-giorno si potrebbe parlare di de-colonizzazione dell’immaginario
collettivo, che rappresenta il noto, il conosciuto, il sicuro oppure un
movimento di ri-orientamento dell’esistenza.
…insegnando
nelle loro sinagoghe….
Intanto abbiamo avvertito una punta di polemica di
Matteo, in questo “loro” come una presa di distanza dall’ebraismo. Ma Gesu’ non
era un cristiano, era un ebreo ortodosso che parlava il linguaggio religioso
della sua gente, nelle sinagoghe della sua gente. Certo l’”insegnamento” non
era una semplice ri-presentazione dell’antico testamento, ma era una nuova
interpretazione alla luce dell’annuncio del Regno dei Cieli , come diceva
Matteo, evitando il nome di Dio per rispetto della sensibilità ebraica, un regno di liberazione per gli ultimi e gli
oppressi. Questo è importante: Gesu’ ha fatto una scelta sulle scritture
evidenziando alcuni filoni e ignorandone completamente altri. Altri, in altri tempi e circostanze, hanno
fatto e fanno anche oggi scelte opposte. Sullo sfondo, come faro, la questione
dirimente di cosa è il Regno di Dio. Inoltre, l’insegnamento non è retorico, ma
è accompagnato da una testimonianza di vita.
L’attualizzazione della parola “insegnare” ci ha messo
in difficoltà, perche’ indica un movimento da chi sa a chi non sa: una pretesa,
una missione, concetti che rifiutiamo e che spesso sono stati abusati. E qui
nasce uno dei confronti lancinanti tra i cristiani, in particolare tra la
gerarchia – presunta depositaria del sapere vero – e gli altri che non
accettano l’inseminazione di questo sapere. Pero’ in altri passi si parla anche
che Gesu’ “ammaestrava” con autorità e questo indica una relazione tra un
Maestro delle scritture e gli ascoltatori; e questo maestro, forte della sua autorevolezza,
re-interpretava le sacre scritture, arrivando al punto di creare situazioni
avvertite come minaccia per
….annunciando
il Vangelo del Regno….
Questo è il punto cruciale, il fondamento dell’opera
di Gesu’ e la questione dirimente per i Cristiani: cosa è il Regno di Dio. Il
Regno che Gesu’ annuncia è un regno gia’ presente davanti a noi, in noi; si
tratta di coglierne i segni, per quanto minuscoli (rif. al granello di senapa),
si tratta di agire con operosità responsabile. Non è un Regno divino, nel senso
di un ordine dovuto alla sottomissione di un Dio, esterno a noi, che alla fine
si stufa e prende in mano la situazione dell’umanità, ma è piuttosto un Regno
basato sulla com-passione (nell’ambito di tutti gli esseri viventi), sulla cura
l’uno dell’altro, sulla giustizia sociale e politica.
Qui,
i discorsi sull’attualizzazione sono innumerevoli e spesso dolorosi, perche’
creano fratture anche all’interno dei cristiani, nel senso che ci sono opinioni
diverse su cosa è il Regno e su come bisogna agire. Basterebbe pensare alla
dialettica interna alla CdB:
tra chi ritiene di doversi occupare solo di questioni
socio-politiche e chi, senza trascurare queste, ritiene importante non
dimenticare mai l'aspetto biblico-telogico, che è quello che ci permette di
distanziarci, a ragion veduta, e in modo ponderato, dall'establishment
ecclesiastico.
Probabilmente, il riferimento centrale alla
com-passione, così come testimoniato da Gesu’, è una possibile chiave di
soluzione.
….guarendo
ogni sorta di malattie e infermità nel popolo.
E arriviamo al punto dolente; dolente nel senso che è quello piu’
ricercato da chi vive male nella malattia, ma è anche quello a cui il Cristiano-razionale
si avvicina con piu’ sospetto.
Evidentemente Gesu’ aveva una capacità di ascolto, una cura particolare
nell’avvicinarsi e accompagnarsi ai sofferenti, un dono di relazionarsi, un
tocco fisico e uno sguardo di per sé salvifici e guarenti tali da sorprendere i
testimoni.
Probabilmente una questione è: è questa una dote umana che uno possiede,
come possono essere la simpatia, l’estroversione o è un qualcosa che puo’
essere coltivato su cui si puo’ crescere ? E poi, quali sono i limiti, solo
quelli di una generica consolazione o addirittura quelli di una effettiva
guarigione ?
In fondo, la storia delle religione umane è ricca di testimonianze di
guaritori, sciamani, taumaturghi: la religione puo’ essere in questo contesto,
un ponte salvifico tra il sé e il Divino, che abita dentro il sé, risvegliando
così delle capacità salvifiche e rigeneratrici da malattie fisiche e mentali.
Probabilmente proprio per questo, la capacità di guarire è vista con tanto
sospetto, perche’ sfugge al controllo della razionalità. Pensiamo solamente
alla quantità industriale di stregoni e soprattutto streghe messe al rogo dagli
amorevoli cristiani….
Peraltro, per noi moderni, comprendere questa attività
(di Gesù e poi degli apostoli), diventa assai
problematico perché oggi sappiamo bene che moltissime malattie e disagi
hanno radici psicologiche e sono sanabili dalla psicologia e dalla psichiatria,
mentre duemila anni fa ogni male era ingenuamente attribuito al demonio, e così
l'epilessia era equiparata semplicemente alla possessione diabolica. Dunque,
"come" essere evangelicamente guaritori, oggi, senza diventare
ridicoli, o presuntuosi?
Insomma, la razionalità tende comunque a prevalere sul lasciarsi andare
alla poesia e ai sogni guaritori dell’anima e del corpo, presenti
nell’esperienza religiosa.
E’ un tema su cui riflettere e non
è un tema da trascurare. E’ un tema di cui abbiamo paura e su cui balbettiamo.
E’ un tema di cui non ci fidiamo e da cui ci ritiriamo. Forse la parte
femminile di noi ci puo’ aiutare ?
Alla vita!
Nazim Hikmet
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte, pur temendola,
e la vita, sulla bilancia, peserà di più.