Prima lettura
Dal
libro del profeta Isaia, Is 62,1-5
Per amore di Sion non mi terrò in silenzio,
per amore di Gerusalemme non mi darò pace,
finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora i popoli vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerà con un nome nuovo
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più “Abbandonata”
né la tua terra sarà più detta “Devastata”
ma tu sarai chiamata “Mio compiacimento”
e la tua terra, “Sposata”,
perché il Signore si compiacerà di te
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
In questo passo di Isaia, Jahvé, parlando a Sion, si
isentifica in uno sposo che si rivolge alla sposa. E’ il parallelismo, che si
ritrova in altri punti del Vecchio Testamento, sposo-sposa, marito-moglie,
Jahvé-Israele, creatore-creatura.
In questo passo di Isaia Jahvé è benevolo, si
compiace della sposa; in altri si rivela invece col volto terribile del
punitore: sono sconvolgenti per violenza e volgarità le invettive e le minacce
presenti, ad esempio, in Ezechiele (16,1) e Osea (1,4).
Il marito che domina la moglie (diversamente a
seconda delle sue ragioni e del suo umore) rappresenta Dio stesso e Dio stesso
lo rappresenta.
I simboli, i valori delle società patriarcali
mediterranee sono divertenti metafore e valori religiosi che, a loro volta,
giustificano e legittimano le strutture sociali che li hanno generati e li
rendono credibili.
Tanto credibili, che queste metafore e valori
religiosi sono giunti ai giorni nostri.
Il rapporto Jahvè-Israele ha indicato, nella
costruzione del cristianesimo, la metafora sponsale Gesù-Chiesa.
Gesù è il capo del corpo che è la
Chiesa. Gesù è lo sposo della Chiesa.
Viene così sacralizzata nel cristianesimo la
subordinazione delle donne, la quale è di ordine divino.
Il maschio può e deve esercitare la
sua autorità sulla donna così come Jahvé su Israele e Cristo sulla Chiesa.
Paolo, Efesini 5, 22-24 : mogli, siate soggette
ai mariti come al Signore, perché il marito è il capo della moglie come Cristo
è il capo della Chiesa, suo corpo, e ne è lui stesso il salvatore.
Accenno appena alla conseguenza che ha avuto questa
dicotomizzazione di derivazione ellenistica mente-corpo, ragione-natura, spirito-materia,
che ha schiacciato le donne nella dimensione della materialità e quindi del
peccato.
Prosegue Agostino (De Trinitate 7. 7,10): Il
maschio possiede la perfetta immagine di Dio mentre la donna, se presa da sola,
non possiede tale piena immagine, ma solo quando è considerata insieme al
maschio, che è il suo capo.
Queste convinzioni non appartengono solo ai padri
antichi, ma anche a molti moderni e non solo cattolici. Cito fra tutti due
teologi, entrambi protestanti, molto importanti e noti.
Dietrich Bonhoeffer da “Lettere dal carcere”
(Bompiani, Milano 1969) , Predica da una cella di prigione per un matrimonio: Dio
stabilisce un ordine in cui potete vivere insieme come marito e moglie. Potete
ordinare la vostra casa come vi piace, con una sola eccezione: la donna deve
essere soggetta al marito e il marito deve amare la moglie. Il posto assegnato
da Dio alla moglie è la casa del marito.
Karl Barth da “Church Dogmatics” III: 4 (T.&T.Clark,
Edimburgo 1961) [trad.it “Uomo e Donna”, Gribaudi, Torino 1969]: la donna
non è in alcun modo inferiore all’uomo né rinuncia ai suoi diritti, alla sua
dignità e al suo onore quando riconosce, in teoria e in pratica, di essere
donna, e quindi di categoria B, di venire dopo l’uomo e di essergli
subordinata. Se essa occupa e mantiene
il posto che le è proprio non si lamenterà nemmeno quando l’uomo ne viola i
diritti. Se c’è un modo per indurre l’uomo al pentimento è proprio quello della
donna che non si lascia corrompere fino al punto di imitare la disobbedienza del
marito, ma che invece resta ancora più tenacemente al proprio posto.