COMUNITA' CRISTIANA DI BASE

S. PAOLO - ROMA

 

 

 

ASSEMBLEA EUCARISTICA DEL 14 DICEMBRE 2003

(a cura del Gruppo donne)

 

 

Canto:  Magnificat

 

Preghiera:  Siamo qui insieme, sorelle e fratelli, per fare memoria della morte e resurrezione di Gesù, ma soprattutto della sua vita. Sentiamoci quindi uniti a lui e a tutte le donne e uomini di buona volontà che tentano di seguire il suo insegnamento.

 

Prima lettura  (Isaia, 58, 6-10)

Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. E' forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno o giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto: Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà: implorerai aiuto ed egli dirà: "Eccomi!". Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno.

 

Commento:

In questi tempi così oscuri è difficile aprire il cuore alla gioia e vivere l'Avvento con quello spirito di speranza cristiana che ci hanno insegnato. Nelle parole di Isaia è evidente il collegamento tra il praticare la giustizia e la conseguente ricompensa del Signore. Ma noi abbiamo imparato che il collegamento tra le due cose non è affatto automatico. Gli atti di amore e di giustizia bastano a se stessi, trovano compenso nel semplice compierli. Abbiamo capito, anche grazie a Giovanni Franzoni, che il regno di Dio  non viene una volta per tutte, ma si realizza compiutamente e provvisoriamente nell'attimo in cui aiutiamo qualcuno a risollevare la testa, diamo pace a un cuore, prendiamo la mano che ci viene tesa. E allora oggi vorremmo portare, in mezzo a tanti segni di morte, qualche segno di speranza ricordando fatti positivi o persone che con la loro vita hanno creato frammenti del regno di Dio. Invitiamo tutti e tutte a portare esempi di speranza e a questo fine abbiamo preparato un cartellone sul quale invitiamo tutti a incollare ritagli di giornale, pensieri ed esperienze in questo senso.

Io accenno brevemente soltanto ad alcune notizie che abbiamo affisso; le altre potranno essere illustrate da altre donne del gruppo.

Ricordiamo Sharin Abadi  alla quale il 10 dicembre è stato consegnato il Nobel per la pace.  E' un'avvocata iraniana e si batte soprattutto per i diritti delle donne e dei giovani, ricevendo continue minacce da parte degli integralisti.

Una piccola notizia: il parroco di S.Galla, don Franco, nel giornalino della parrocchia ha scritto: "Quest'anno in parrocchia ci sono meno sacerdoti. C'è più bisogno di gente preparata capace di comprendere e annunciare la Parola di Dio e di rendere ragione della speranza che è in noi. L'orientamento della nostra parrocchia a ridimensionare la pompa esteriore con cui si celebrano i santi sacramenti, vuole indurre a riscoprire il senso autentico e a celebrare veramente il Signore Gesù". Conoscendolo, sappiamo che questo è quello che può fare, dare più voce ai laici, stando dentro l'istituzione, la quale - tra l'altro - gli mette i bastoni tra le ruote in varie occasioni.

Ricordiamo quello che ha fatto e sta facendo Misa per Esmat, il ragazzo afgano, ora in carcere a Regina Coeli, che lei ha ospitato a casa sua per diversi mesi.

Ricordiamo che anche i carabinieri hanno un cuore! Il maresciallo Ernesto Pallotta, direttore editoriale del "Giornale dei carabinieri" ha scritto: "Il nostro governo deve essere chiaro. Deve constatare e affermare che in Iraq vi è la guerra e che la missione di pace altro non è che una operazione di guerra" …. "Di fronte ai morti diciamo basta e l'Italia deve allinearsi ai comportamenti assunti dalla maggior parte dei Paesi europei".

 

Seconda lettura (dal libro "Prima che l'amore finisca" di Raniero La Valle)

Parla Marianella Garcia Villas, uccisa in Salvador il 13 marzo 1983; "Non parlate di me, la mia è una storia comune, come me migliaia di altre donne hanno avuto gli stessi maltrattamenti, hanno subito la stessa sorte, migliaia di altre donne e di altri uomini hanno partecipato alla lotta e hanno subito le vessazioni del regime" (…..) "Il novanta per cento di quelle che sono arrestate e trattenute nelle carceri o nelle caserme, vengono violentate e questo perché nella mentalità, nella psicologia insieme maschilista e prepotente delle forze di polizia e dei soldati del regime, l'avere tra le mani una donna e non possederla sarebbe considerato un atto di debolezza, una prova di impotenza; e addirittura si incorrerebbe nello scherno, nella derisione dei colleghi, dei compagni di camerata o di caserma, se non si violentassero le donne prigioniere" (…) Il regime si serve anche di questo per distogliere la donna dalla lotta. Lei sa di dover mettere in conto anche questo, non solo la morte; per una donna il prezzo diventa perciò ancora più alto. Però non è un caso eccezionale, capita a tutte le donne".

 

Terza lettura  (Luca 3, 7-16, predicazione di Giovanni Battista)

Diceva dunque alle folle che andavano a farsi battezzare da lui: "Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all'ira imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: Abbiamo Abramo per padre! Perché io vi dico che Dio può far nascere figli di Abramo anche da queste pietre. Anzi, la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco".

Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?". Rispondeva: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto".

Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: "Maestro, che dobbiamo fare?". Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi che dobbiamo fare?" Rispose: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe". 

Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".

 

Commento:

Chi è Giovanni il Battezzatore?

-         Ne parla Luca all'inizio del suo vangelo: un angelo annuncia la nascita di Giovanni a Zaccaria dicendo che Dio lo colmerà di Spirito sin dalla nascita;

-         ce lo presenta Gesù che dice alla folla "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?…. No, un profeta? Si, vi dico, e più che un profeta".

-         Nel Primo testamento Dio dice di lui: "Io mando il mio messaggero davanti a te. Egli ti preparerà la strada". 

"Che cosa dobbiamo fare?" era la domanda che la folla, i pubblicani, i soldati ponevano a Giovanni dopo aver ascoltato il suo messaggio. Le sue parole erano dure, ma segretamente rivelavano la ricchezza di umanità del suo cuore e della sua mente.

Dio si rivelerà a tutti e a tutte come salvatore solo quando sulla terra gli uomini e le donne saranno riconosciuti nella loro dignità di persone. Cesseranno allora le prevaricazioni dei potenti sui deboli, dei ricchi sui poveri.

L'annuncio della salvezza non può prescindere dall'invito pressante di un solidale cambiamento di vita per coloro che non rispettano la legge, sfruttano i loro simili, e pensano che si salveranno perché discendenti di Abramo. "Dio è capace di far sorgere veri figli di Abramo anche da queste pietre".

Per questo abbiamo posato simbolicamente alcune pietre sul tavolo.

Incisiva l'immagine delle pietre a cui ricorre Giovanni nelle quali noi oggi possiamo vedere raffigurate le donne, gli uomini, i bambini e le bambine di tutti i tempi offesi nella loro dignità umana, calpestati nei loro più elementari diritti alla vita, al lavoro, alla libertà politica, religiosa, alla loro cultura, venduti dai mercanti come schiavi e come merce di scambio per i loro loschi affari.

Il forte invito di Giovanni a mantenere viva, a non accettare la crudeltà di vita imposta in tutti i tempi da chi ha potere su chi ne è privo, è lo stesso invito che ha fatto Gesù al maestro di legge che gli chiedeva cosa doveva fare poter avere la vita eterna. "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore…… e ama il prossimo tuo come te stesso". E alla seconda domanda "Ma chi è il mio prossimo?" Gesù racconta la parabola del samaritano e poi chiede al suo interlocutore chi pensa lui che si è comportato come prossimo per quell'uomo che aveva incontrato i briganti? "L'uomo che ha provato per lui compassione". Quell'uomo sappiamo era il samaritano, un uomo allora per gli ebrei da disprezzare, da odiare, per la sua non appartenenza ad un vero popolo e per il suo pragmatico sincretismo religioso.

Al tempo di Gesù il samaritano, la samaritana, l'adultera, il pubblicano, erano le pietre da calpestare.

Oggi le pietre da scansare nel nostro mondo, globalizzato solo a livello commerciale, sono gli immigrati che scappano dai loro Paesi in cerca di libertà e di salvezza verso il nostro mondo del benessere e della "democrazia". Sono gli ammalati di AIDS in Africa che non possono curarsi perché troppo costose le cure, i bambini soldati, i bambini di strada brasiliani, le donne dei vari Paesi soggette ad un potere maschilista duro a morire.

Dobbiamo impegnarci nel nostro quotidiano affinché "la pietra scartata dal costruttore" diventi "pietra angolare" (Atti, 4, 8-12).

 

Momento penitenziale

 

Canto alla colletta:  Grazie alla vita

 

Preghiera eucaristica:

Abbiamo scelto questo vecchio canone del 1991 con qualche aggiornamento come l'aver aggiunto, tra le donne citate, il nome di Annalena Tonelli uccisa due mesi fa in Somalia dove è vissuta per oltre trent'anni al servizio dei somali. In una testimonianza resa nel 2001 dice: "Sono trent'anni di condivisione. Scelsi di essere per gli altri - i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati - che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita". Come vediamo, anche ripensando a Marianela Garcia, i semi di speranza si intrecciano spesso con la sofferenza e la morte.

 

La liberazione e la memoria.

Cantiamo la liberazione dell'uomo e della donna operata da Dio,

liberazione che avvenne pienamente in Maria ed in Gesù.

 

Di Maria ci colpisce la storia e la storia della sua fede,

il suo stare davanti a Dio in uno stato di libertà inquieta,

ma soprattutto come essa un po' alla volta apprese la gioia

di non più possedere e controllare al vita del figlio che essa

aveva generato, per essere sorella e compagna di tutti.

 

Anche noi vorremmo in questa mensa eucaristica

esprimere la disponibilità a sederci effettivamente a tavola

con ogni uomo, con ogni donna, per farci reciprocamente compagnia,

partecipando al dramma quotidiano di quanti sono oppressi e disumanizzati,

diventando capaci di accogliere l'annuncio forte, l'evangelo dei poveri della terra:

l'annuncio cioè che il Regno di Dio è alle porte, che la nostra esistenza umana

va sempre mantenuta aperta alla presenza del mistero,

alla speranza di poter vedere Dio ora.

 

Soprattutto è bello dirti grazie per quelle donne che hanno mantenuto viva

la fede e la speranza in situazioni estremamente difficili.

 

Beate loro che hanno creduto nell'adempimento della parola del Signore

e che alla sequela di Gesù non solo hanno annunciato la buona novella,

ma hanno sanato e liberato gli oppressi, ascoltato il dolore per tramutarlo in canto,

un cantico per cullare i morti, per dare pace ai vivi, per addormentare i bambini.

 

Facciamo memoria di tutte le donne, laiche o credenti, che consapevolmente

o inconsapevolmente hanno dato con la loro morte un messaggio al mondo:

Marianela Garcia, Giorgiana Masi, Marinella, Simonetta Tosi,

Rosaria Lopez, Annalena Tonelli e tutte quelle donne senza nome

violentate, torturate, uccise.

 

Nel più profondo del nostro cuore coltiviamo l'utopia

di una comunicazione corporea in cui ciascuna persona

possa esprimere emotivamente,  anche con lacrime di gioia,

il piacere di "esserci" nell'incontro con l'altro; la sua tensione alla piena libertà,

quella libertà che normalmente si riesce a dire con la poesia, con l'arte, con la danza.

 

Ti benediciamo, Signore,

per avere nascosto queste cose ai grandi e ai potenti,

e averle fatte conoscere ai poveri di ogni paese,

come ci ha benedetto Gesù, che il giorno prima

di essere arrestato, torturato, crocifisso,

condivise anche la sua cena pasquale:

non gli restava che dare la vita con e per tutti gli oppressi del mondo.

 

E che mentre era a tavola con i suoi amici e le sue amiche

prese in mano del pane e un bicchiere di vino e disse:

"Mangiate tutti un pezzo di questo pane,

bevete tutti da questo bicchiere:

perché questo pane e questo vino

sono il mio corpo e  il mio sangue

che io offro a tutte le donne e a tutti gli uomini

perché nel mondo non ci siano più ingiustizie, guerre, odio,

ma pace, amore e uguaglianza".

Insegnaci, o Signore, a cercare il tuo regno e la tua giustizia.

 

Canto alla comunione:  Eppure il vento soffia ancora

 

Preghiera finale: Dio ci accompagni sulla strada come fece Gesù con i discepoli di Emmaus, come un padre amoroso e una madre attenta, con la commozione di un fratello e la partecipazione solidale di un'amica, senza invadere le nostre vite ma alitando su di esse per sospingerle avanti. Amen